lunedì 7 marzo 2011

ALCUNI CONCETTI RIGUARDO ALLA PROBLEMATICA TRINITARIA

di Matteo Manzella


Secondo la Bibbia è Dio stesso che, parlando a Mosè, spiega il significato [o uno dei significati?] del suo nome (Jhwh). «Dirai così ai figli d’Israele:”l’Io Sono mi ha mandato da voi”» (Esodo 3,14). Questo significato non implica in nessun modo il concetto di Trinità. Ma i trinitari non si rassegnano; affermano: alla creazione del mondo, in Genesi 1,26, là dove Dio si accinge a creare il capostipite dell’umanità, è detto: «Dio [‘elóhîm] disse: Facciamo l’uomo a nostra immagine…». Il plurale espresso nelle parole “facciamo” e “nostra” implica che Dio è trino.

Rispondiamo: Non è così! Una prima considerazione, spicciola ma significativa, è la seguente: se dal plurale di Gen. 1,26 dovessimo dedurre che Dio è trino, allora dovremmo (come infatti possiamo) dedurre dal singolare di Esodo 3,14 che Dio è Uno, e che se fosse trino dovremmo trovare “Noi Siamo” e non “Io Sono”. Il termine “Dio” è generico, e nel suo significato non si opporrebbe al concetto di Trinità; ma JHWH vi si oppone perché significa “Io Sono”, è l’ESSERE, e l’essere divino è semplice, uno, e indivisibile. Non è possibile scegliere l’uomo (come invece fanno i trinitari) per l’analogia intesa a spiegare che la dottrina trinitaria non si opporrebbe alla ragione. Se l’uomo è creato a immagine di Dio (come infatti afferma la Bibbia) e fosse vero che Dio è tre persone, allora anche l’uomo dovrebbe essere costituito da tre persone (attenzione: “persone”, non “parti”; l’analogia riguarda la persona), ma non è così: l’uomo è una persona, non tre! Francesco è uno perché la persona è una e non è mai in unità sostanziale con altra o altre persone. E questo è assolutamente vero anche riguardo a Dio. Il Creatore è semplice (non composto); l’uomo è una unità tautologicamente composta di parti, ma non di più persone; la persona è una sola perché è l’unità. Dire “persona”, dire “sostanza”, dire “unità” ̶ riguardo all’uomo ̶ significa dire la stessa cosa. Se dunque l’uomo è una sola persona, si potrebbe dedurre che Dio non è trino, dato che l’uomo fu fatto a immagine di Dio. In realtà l’immagine di Dio è l’uomo nella sua natura perfetta, non è Dio. L’immagine di una cosa non è la cosa stessa di cui è immagine. Certamente non si tratta di “immagine” analoga alla natura di Dio. Di sicuro non c’è nessuna analogia tra l’uomo e il Dio dei trinitari; e non c’è nessuna analogia neppure con qualsiasi altra cosa antropomorfica e mondana. L’affermazione della Trinità è certamente una forzatura della ragione con la quale si vorrebbe giustificare (prescindendo dalla fede) la credenza nella divinità di Gesù Cristo.

Vi è poi una spiegazione che riguarda l’uso della lingua semitica nell’ambito della concezione politeista, che con il termine ‘elóhîm (divinità, l’insieme di tutto il divino) esprimeva Dio al plurale. Evidentemente, in quel momento storico, il termine non poteva essere che il plurale della lingua semitica, perché esprimeva bene l’idea di divinità, perciò fu usato anche per il monoteismo. Per questo le parole plurali “facciamo” e “nostra” era necessario che si accordassero con il termine plurale che indicava la divinità. Il singolare El (dio) indicava uno degli dèi, non esprimeva la pienezza della Divinità. In sostanza ‘elóhîm è un termine obbligato per necessità linguistica a cui si accorda “facciamo”, e non implica una concezione trinitaria di Dio. ISAAC ASIMOV, uomo di scienza, scrittore e saggista, nella sua opera che ha per argomento il primo libro della Bibbia, cioè Genesi, intitolata In principio (Oscar Mondadori, Milano 19995) ci ricorda che «gli Israeliti e tutti i popoli circostanti… parlavano di “dèi” anziché di “Dio”: ossia, in ebraico, di Elohim anziché di El. Elohim diventò un’espressione tanto familiare da essere inseparabile dalla divinità… Ciò spiegherebbe anche l’uso del “facciamo” e del “nostra”…» (pag. 76).

Il discorso della filosofia trinitaria inizia considerando due concetti contrapposti come se fossero concordi: afferma che Dio non è “composto” e nel contempo che è “Unità”. A nostro parere, il “composto” è certamente un tutto, ma ovviamente un tutto formato (o composto, appunto) da parti, le quali costituiscono quella sostanza o “composto” (quel tutto). Le “parti” di quel tutto (o “composto”) sono sostanziali ancorché diverse (la forma di una statua non è la materia della statua…); le parti sono proprie di quel tutto (non sono “aggiunte”), per questo viene definito Unità: ciascuna delle parti è inseparabile dalle altre e dal tutto. Si precisa, inoltre, che Dio è “semplice”, ma si pretende che questa affermazione non sia in contraddizione con la precedente (che afferma che Dio è Unità). Ammesso che Dio sia Unità, domandiamoci: che cosa sono più precisamente le “parti” che la compongono? dato che una Unità priva di parti non è niente! Aristotele insegna: «Parti sono quelle in cui il tutto… si compone»; «Tutto si chiama… ciò che contiene le cose in maniera tale che esse costituiscano una unità… quando vi sia una unità costituita da una molteplicità di parti». Non siamo d’accordo con Aristotele quando chiama “unità” indifferentemente quella costituita da una molteplicità di parti e quella che è formata da una sola “parte” o meglio da una sola realtà immateriale (semplice). Tuttavia condividiamo il pensiero di Aristotele quando afferma che l’unità può essere costituita da una molteplicità di parti, anche se, secondo noi, deve essere costituita da una molteplicità di parti, altrimenti piuttosto che una unità sarebbe un semplice. Ora secondo i trinitari Dio sarebbe Unità e Semplice allo stesso tempo, il che è impossibile. Il Catechismo dice: «Il Padre è tutto ciò che è il Figlio, il Figlio tutto ciò che è il Padre, lo Spirito Santo tutto ciò che è il Padre e il Figlio, cioè un unico Dio quanto alla natura» [ma in Dio c’è qualcos’altro oltre alla sua propria natura?]. Questa è un’affermazione doverosa del Catechismo che, giustamente, è stata fatta per evitare che si possa concludere che ci sono tre dii. Ma facendo questa precisazione i trinitari affermano implicitamente che non c’è distinzione delle tre persone, vale a dire che non ci sono tre persone perché sono identiche. Perciò si è cercato di correre ai ripari, affermando: «Il Figlio non è il Padre, il Padre non è il Figlio, e lo Spirito Santo non è il Padre o il Figlio». Questa affermazione contraddice la prima. Secondo noi, la proposizione «il Padre è…» (oppure: «il Padre non è…») implica l’essere, la sostanza; “essere qualcosa” (o “non essere qualcosa”), riguarda l’essenza, perché l’essenza è la risposta alla domanda «che cosa?»; che cosa è questo? che cosa non è? Se si dice che ognuna delle tre persone è ciò che sono le altre due, e che ciascuna delle tre non è nessuna delle altre due, si esprime una contraddizione in termini che poggia sul presupposto erroneo che in Dio vi possa essere distinzione tra “essenza” e “persona”, talché Dio come essenza sarebbe “così” e come persona (o persone) sarebbe “cosà”, dove “così” e “cosa” esprimerebbero appunto (come infatti esprimono) una contraddizione in termini. Questi concetti sono bene o male mutuati dall’essere umano, definiti per astrazione, e applicati a Dio. Ma l’Eterno, per bocca del profeta Isaia, dice: «A chi mi vorreste assomigliare?» (40,25). Non è possibile applicare a Dio concetti necessariamente antropomorfici e mondani. Allora si è fatta una ulteriore precisazione; dice ancora il Catechismo: «La distinzione reale delle Persone divine tra loro, poiché non divide [?]l’unità divina, risiede esclusivamente nelle relazioni che le mettono in riferimento le une alle altre». Osserviamo: 1) la preposizione “tra” non implica almeno due realtà distinte, cioè almeno due sostanze tra le quali “corre” la relazione? Se non ci sono almeno due realtà distinte (realmente distinte!), in questo caso almeno due “dii”, non può esserci distinzione reale e quindi non può esserci relazione alcuna. 2) Chi o che cosa sono “le une” e “le altre” di cui si parla nel Catechismo? Sono qualcosa o sono niente? Se sono qualcosa, sono qualcosa di sostanziale, perciò tre “dii”, dato che se in Dio c’è qualcosa non è nulla di accidentale: tutto ciò che è in Dio è “Dio”. Se invece “le une” e “le altre” sono niente, allora non c’è distinzione e non c’è una pluralità di persone. Insomma se c’è distinzione, questa non può che essere reale, perché in Dio è tutto “reale-sostanziale”. Cartesio diceva che «la “distinzione reale” in ogni caso si riferisce a due o più sostanze», e il Catechismo parla di «distinzione reale delle Persone» in Dio. E poiché è inammissibile considerare l’essenza e la persona come se fossero cose diverse [in definitiva ipostasi e prosopon indicano la stessa cosa], dobbiamo concludere che la dottrina trinitaria ci porta ad affermare che ci sono tre dii, visto che le Persone divine (tre persone!) sono realmente distinte, cioè: sostanzialmente distinte, che in Dio è la stessa cosa se si ammette, come ammettono i trinitari, che Dio è Sostanza. Si è cercato di spostare la distinzione reale dalle persone alle relazioni. Ma se la relazione è reale in sé, essendo in Dio, questa realtà coinciderebbe con la sostanza divina e la dividerebbe, perché se non la divide bisognerebbe ammettere che non c’è “relazione tra” (e se non c’è “relazione tra”, non ci sono persone); se invece c’è “relazione tra”, allora la sostanza divina è divisa (o replicata), ci sarebbero più sostanze distinte in Dio che relazionerebbero tra loro… eccetera, eccetera. Si dirà: non è la sostanza a relazionare, ma la persona. Questo è vero e non è vero, perché almeno in Dio la persona non è accidente della sostanza. In Dio tutto deve essere sostanziale. In lui la persona è la sostanza stessa! Insomma, ipotizzare delle relazioni in Dio allo scopo di spostare il problema dalle persone alle relazioni non è una soluzione; significa ripetere la stessa problematica, che deriva da un fatto semplicissimo dal quale non si esce: che tre non possono essere uno. Questo è il problema! Ed è un problema creato dai trinitari e mai risolto. Se una è l’essenza divina, una è la persona divina; perché non c’è distinzione tra essenza divina e persona divina. Dio è soltanto Essenza (una Essenza); ovvero, è soltanto Persona (una Persona). Dire «Dio è soltanto essenza» equivale a dire «Dio è soltanto Persona» e viceversa, perché le due proposizioni esprimono la stessa identica cosa. Non c’è Trinità! Se poi si dice che ci sarebbe vera distinzione tra essenza divina e persona divina (incredibile!), avremmo una sola essenza divina e tre persone, ma come si ha per il genere umano: molti individui di essenza umana; così ogni “Persona-Dio” (Padre, Figlio, Spirito) possiederebbe l’essenza divina (divisa o replicata, non importa), e questo significherebbe propriamente politeismo. Certamente i trinitari nel formulare la loro dottrina intendono affermare il monoteismo; ne prendiamo atto. Ma ci sembra che insistendo sulla divinità di Cristo e sulla fede trinitaria che ne è la diretta conseguenza, rischiano di dimostrare il contrario di ciò che intendono dimostrare. In realtà la Trinità è impossibile; è contro ragione. E poiché la dottrina trinitaria è assente nella Bibbia (non c’è neppure per implicito: Cristo non è Dio, è il Messia), ancora una volta dobbiamo concludere che è destituita di ogni fondamento.

Gesù, riferendosi al Padre (al Dio), in presenza dei discepoli dice: «Questa è la vita eterna: che conoscano te, il solo vero Dio, e colui che tu hai mandato, Gesù Cristo» (Giovanni 17,3).

Bibliografia: MATTEO MANZELLA, L’Ultimo Adamo, Leberit, Roma 2004, soprattutto le pagg. 221-238. NICOLA ABBAGNANO, Dizionario di Filosofia, TEA Torino-Milano 1993, voci: Essenza, Sostanza, Trinità. Catechismo della Chiesa Cattolica, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1992.



TUTTI I DIRITTI RISERVATI – ALL RIGHTS RESERVED - © COPYRIGHT 2011 BY MATTEO MANZELLA - ROMA