venerdì 13 gennaio 2012

LETTERA APERTA A GAIO ARISTARCO

Caro Aristarco, su Internet ho letto, in gran parte, il dibattito che in questi giorni ti vede protagonista in mezzo ad altri credenti che amano studiare la Bibbia, alcuni dei quali contro ed altri a favore del tuo punto di vista (che non è solo il tuo) riguardo alla concezione trinitaria. Questo è proprio l’argomento principale dei miei studi di teologia biblica. E’ veramente strano che il Cristianesimo storico non sia riuscito a liberarsi da questo “abracadabra”: così l’ha definito diversi anni fa un noto teologo inglese, precisamente con queste parole: «C’è chi non si senta un poco depresso quando viene la Domenica della Trinità? Per lo meno, credo che tale sia lo stato di coloro che devono predicare in questa solennità, e so che è lo stato di molti loro ascoltatori. ...Il Padre incomprensibile, il Figlio incomprensibile, lo Spirito Santo incomprensibile... dice il Simbolo atanasiano. Un uomo comune non può pensare: incomprensibile tutta la faccenda. Per quale ragione  al mondo i cristiani si devono trovare impigliati con questo abracadabra proprio nel cuore della loro fede?»  [John A. T. Robinson, “Questo non posso crederlo”, Vallecchi editore, Firenze 1970].

I tuoi interlocutori ti hanno “accusato” di essere un seguace di Sabellio. Io devo dirti, come del resto sai già, che sono contrario sia all’interpretazione dei testi biblici (veramente pochi) cosiddetti in “chiave trinitaria” che posso definire classica o preponderante, e sia ad altre concezioni più o meno simili, compresa quella dei Testimoni di Geova la quale pur negando la Trinità finisce, di fatto, col concludere che oltre a Yahwèh ci sarebbe anche un Dio minore, il “Figlio”. Ma non sono neppure favorevole alla concezione vicina a Sabellio (inizio del III secolo) che oggi pare circolare negli ambienti di alcune chiese evangeliche di ispirazione pentecostale, e mi sembra che questa sia anche la tua concezione. Sabellio affermava che Dio si è presentato come Padre nell’Antico Testamento, come Figlio (Redentore) nel Nuovo, come Spirito Santo (nella Chiesa o nell’azione di salvezza): in tre “modi”.

Tutte le concezioni trinitarie o pseudo trinitarie hanno in comune la concezione secondo la quale Cristo sarebbe Dio (in un modo o in un altro, non importa ai fini del nostro discorso). Qui è il centro del problema! Se si ammette che Cristo è Dio (“vero Dio”, anzi “vero Dio e vero uomo”, recita il Catechismo romano) si deve trovare una spiegazione capace di eliminare la contraddizione con il monoteismo. Da ciò gli sforzi (infruttuosi) dei teologi e dei filosofi trinitari. La tua concezione (concediamo ai tuoi avversari che sia quella di Sabellio) sembra salvarsi dalle contraddizioni tipiche delle maggiori concezioni propriamente trinitarie, ma non chiarisce l’altra contraddizione (quella che sta al fondo del problema), cioè come può esserci un uomo che sia anche Dio. Infatti la fede e la ragione non possono essere in conflitto. Finché questo punto non si chiarisce, ogni concezione (anche se solo vagamente trinitaria) deve considerarsi priva di fondamento. E’ determinante la seguente considerazione: nella Sacra Bibbia, particolarmente nel Nuovo Testamento, Gesù Cristo non è mai definito o chiamato “Dio”. I pochissimi tre o quattro testi (di cui uno solo è definito trinitario, dai trinitari stessi, tra i quali il Cullmann) o non parlano del “Dio” Gesù in senso proprio o non sono autentici. I manoscritti biblici, copie delle copie delle copie degli originali (tutti andati persi) contengono oltre 30.000 (trentamila !) tra errori, varianti e aggiunte. Dovremmo fare un monumento ai filologi che sono riusciti molto bene a ricostruire un testo molto vicino agli originali. Tuttavia, “molto vicino” è una espressione che obiettivamente ci lascia in dubbio: come facciamo a sapere con certezza cosa contenevano gli originali dal momento che non esistono più? E’ probabile, anzi molto probabile, che alcuni testi, che i filologi hanno accettato a malapena come autentici, non ci fossero nei manoscritti originali; e se è così sicuramente tra essi possiamo includere tutti quei pochi testi o termini che i trinitari riescono a racimolare per poter affermare che nel N.T. c’è il concetto trinitario in modo implicito. Infatti, i pochissimi testi erroneamente definiti “trinitari” sono in contraddizione con tutto il Nuovo Testamento; qui non ho lo spazio per poterli esaminare uno ad uno: ma l’ho già fatto abbondantemente nei miei scritti già pubblicati, che tu conosci, almeno in parte. D’altra parte, Lutero ci ha insegnato che di fronte ai testi che ci appaiono in contraddizione con la maggioranza degli altri testi (o almeno con quelli chiari ed espliciti) bisogna scegliere come autentici quelli che troviamo numerosi e concordi. Certamente questo non sarebbe un metodo infallibile, e certamente e giustamente non è sempre considerato valido nella filologia, ma è l’unico ragionevolmente possibile almeno in questo caso. Se c’è un testo biblico (uno o due), ritenuto autentico dai filologi, dal quale si potrebbe dedurre che Cristo è Dio, non ha valore se è confrontato con un centinaio di testi che lo negano implicitamente o quasi esplicitamente. A noi non ci dice nulla il fatto che i filologi lo considerano autentico; i filologi non sono infallibili. Non crediamo possibile che i ricostruttori del testo biblico abbiano raggiunto la perfezione; se l’avessero raggiunta veramente, ci troveremmo di fronte a un fatto incredibile: che i protestanti (ma non solo i protestanti) avrebbero sostituito l’infallibilità del Papa con l’infallibilità dei filologi. Per fortuna i filologi non pretendono di essere infallibili.

Ritorno un momento sul fatto che nei manoscritti a disposizione dei filologi ci siano più di 30.000 tra errori, varianti e aggiunte. Tra le varianti, aggiunte ed omissioni ce ne sono parecchie fatte non per sbaglio, ma di proposito; allo scopo di salvaguardare una credenza di ordine teologico ormai affermata. Alcune iniziative di questo genere lesive della “parola sacra”, si definiscono appunto Modifiche dovute a considerazioni dottrinali. Il maggiore studioso di critica testuale, il filologo Bruce M. Metzger, già professore al Theological Seminary di Princeton, che è stato uno dei maggiori collaboratori dell’edizione del testo greco del Nuovo Testamento, riferisce alcuni esempi per illustrare il modo in cui o per cui avvenivano le modifiche. Riferisce, tra l’altro, l’episodio che riguarda la domanda che gli apostoli fanno a Gesù circa la data del suo ritorno. Dice testualmente: «La dichiarazione di Gesù, “Ma quanto a quel giorno e a quell’ora nessuno lo sa, neppure gli angeli del cielo, né il Figlio, ma il Padre soltanto” (Mt. 24,36 e Mc. 13,32), era inaccettabile per i copisti, i quali non riuscivano a conciliare l’ignoranza di Gesù con la sua divinità, e salvarono la situazione semplicemente omettendo la frase οὐδὲ ὁ υἱόϛ» [Bruce M. Metzger, Il testo del Nuovo Testamento, Paideia, Brescia 1996].

Ma vorrei dire qualcosa agli amici che ti accusano di “eresia”. E il fatto non è solo questo. Gli accusatori rafforzano la loro accusa dicendoti (a te come ad altri avversari “polemisti”), per esempio: Tu sei seguace di Sabellio, il quale era un eretico; lo ha dichiarato il Papa e lo ha scomunicato. Dicendo così, i tuoi avversari dimostrano di appoggiarsi sull’autorità del Papa. Ma allora, se vogliono essere coerenti, dovrebbero correre subito a farsi cattolici romani. Un protestante non può accettare la dottrina trinitaria (o qualsiasi altra dottrina) appoggiandosi  sull’autorità del Papa o anche sull’autorità del Papa. Questo è un dovere proprio dei cattolici romani; mentre sarebbe (come infatti è in questo caso) una incoerenza dei protestanti, i quali possono accettare la dottrina trinitaria solo se credono ch’essa sia implicita nella Bibbia. Ma il punto nodale è questo: la Trinità come concetto, sia pur implicito, è assente nella Bibbia.

Tra pochi giorni presenterò il mio nuovo libro, che tratta questo argomento, così avremo modo di discuterne ancora. Ti abbraccio.  (Matteo Manzella).